Le migliori serie tv scandinave

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Uno dei metodi migliori per imparare una nuova lingua è quello di vedere serie tv o film in lingua originale. Per questo motivo ho deciso di fare una lista (in costante aggiornamento) delle migliori serie tv scandinave, divise per genere e lingua. Mai stato così facile scegliere una serie tv da guardare, no? Spero di poter aggiungere anche serie tv prodotte in Finlandia/Islanda e (si spera) isole Faroe, quindi se avete suggerimenti, fatemi sapere!

serie tv scandinave

Dalla Svezia con amore (e kanelbullar)

Thriller:
  • Kalifat (Califfato, 2020): disponibile su Netflix, Califfato ha (al momento) 8 episodi e parla di un attacco terroristico programmato dall’ISIS in Svezia. Al momento ho visto solo le prime due puntate, scorre un po’ lentamente ma di sicuro è una di quelle serie da non perdere.
  • Quicksand (Störst av allt, 2019): anche questo disponibile su Netflix, Quicksand si basa sul romanzo Störst av allt di Malin Persson Giolito. Da guardare tutta d’un fiato, sono solo sei episodi. Trama: Maja Norberg, studentessa di un liceo di Djursholm, viene arrestata in seguito a una sparatoria avvenuta a scuola. Penso che Quicksand sia tra le mie serie preferite del 2019, senza dubbio.
  • Bron/Broen (The Bridge, 2011–2018): ambientata tra Malmö e Copenhagen, è ottima per allenarsi sia con lo svedese che con il danese. Buona fortuna con il ping pong tra le due lingue! La serie è tra le più acclamate del made in Scandinavia ed è stato fatto anche un remake americano (altamente sconsigliato, ahimè).
  • Jordskott (2015–): Purtroppo non riesco a trovare questa serie in italiano, ma se avete già un buon livello di svedese, allora potete tranquillamente vederla su SVT.
Commedie/Drama:
  • Bonusfamiljen (Bonus Family, 2017–): Disponibile solo su SVT, Bonusfamiljen è ambientata a Stoccolma. Trama: i due personaggi principali, Lisa e Patrick, hanno appena divorziato dai rispettivi partner e adesso stanno insieme. Peccato che la serie non sia disponibile in italiano, ma penso sia ottima per esercitarsi con lo svedese.
  • Welcome to Sweden (2014): Purtroppo inedita in Italia, questa sitcom è davvero un gioiellino per chi vuole farsi due risate e conoscere un po’ la cultura svedese in chiave ironica. La serie è principalmente in inglese, ma non mancano anche i dialoghi in svedese, semplici da capire anche per chi non ha ancora raggiunto un livello alto di comprensione della lingua. Al momento è disponibile su YouTube.
  • Äkta människor (Real Humans, 2012–2014): la serie non è disponibile sui canali on demand ma basta fare qualche ricerca su internet per trovarlo, if you know what I mean.

Danimarca:

Drama:
  • The Rain (2019): si tratta della prima produzione danese di Netflix ed è una serie di genere post-apocalittico, come potevo non innamorarmene dopo le prime due puntate? La terza (e purtroppo ultima) stagione uscirà il 30 maggio 2020. Trama: uno strano virus contenuto nella pioggia stermina gran parte della popolazione umana, rimangono solo pochi sopravvissuti. Certo, è sicuramente ironico scrivere la trama di questa serie proprio nel bel mezzo di una pandemia… In ogni caso, anche se la serie è recitata principalmente in danese, non mancano dialoghi in svedese.
Comedy:
  • Rita (2017): anche questa serie è stata prodotta da Netflix ed è un ottima occasione per staccare la spina dalla violenza e dal crimine che generalmente caratterizzano le serie TV scandinave più famose. La quinta stagione dovrebbe uscire proprio nel 2020, anche se ancora non è stata definita una data precisa. Rita ha avuto un successo tale da aver guadagnato ben tre remake (USA, Paesi Bassi, Francia).

Dalla Norvegia con amore e pølse:

  • Ragnarok (2020): premetto che non mi è piaciuta la rappresentazione in chiave moderna del folklore e paganesimo scandinavo, ma scorre bene, i paesaggi del Vestlandet sono davvero meravigliosi e soprattutto è un buon modo per ascoltare il norvegese. Certo, la discrepanza è che gli attori non parlano nel dialetto del vestlandet/nynorsk, ma questo forse la rende di più facile comprensione. Vi avverto però, i norvegesi l’hanno odiata talmente tanto da averla paragonata a una “serie danese” (“Norskspråklig Netflix-drama som egentlig er dansk. Og en kalkun.”). Oh, rivalità storica. In ogni caso, nonostante tutto, credo valga la pena buttare qualche ora per vederla.
  • Skam (2015-2017): ed eccoci finalmente con la serie TV norvegese più popolare di tutti i tempi, soprattutto tra la Gen Z. Anche se ormai non sono più un adolescente (mi fa male scrivere questo dato che sono più vicina ai 30 che ai 20…), ho amato questa serie. Un po’ mi ricorda Skins, quindi non potevo perdermi Skam. Anzi azzarderei definirla Skins con gli smartphones. Per farvi rendere conto dell’immenso successo di questa serie, basta pensare che esistono – al momento – ben sette remake internazionali, tra cui uno italiano (a quanto pare acclamatissimo).
serie tv scandinave

Bene, adesso avete a disposizione le migliori serie tv scandinave da guardare tutte d’un fiato. Quale vorreste guardare per prima?

Se vi piace leggere, vi consiglio anche questo articolo oppure se siete curiosi di conoscere la storia delle lingue nordiche (in breve), allora cliccate qui.

Se vi è piaciuto l’articolo, condividetelo con i vostri amici e fatemi sapere quali sono secondo voi le migliori serie tv scandinave del momento. Hejdå!

Ma tu parli… scandinavo?

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Perché norvegese, svedese e danese sono lingue così simili? Qual è la storia delle lingue scandinave? Il finlandese e l’islandese sono lingue nordiche? Cercherò di dare una risposta a queste e altre domande sulle meravigliose lingue del profondo nord.

Mettendo a confronto lo stesso testo in svedese, norvegese e danese, subito noterete che sono molto simili. Questa somiglianza non è dovuta soltanto alla loro vicinanza geografica, ma è dovuta a una storia un attimino più complicata e intrecciata a livello politico e sociale.

The Big Branch Theory

Cominciamo con la storia semplificata delle lingue scandinave. Le lingue scandinave sono lingue del ceppo germanico. Le lingue germaniche possono essere raggruppate in tre macro-gruppi: abbiamo germanico occidentale, germanico orientale e germanico settentrionale. Il ramo germanico orientale è ormai estinto e comprendeva il burgundi, il vandalico e il gotico – il quale è l’unico di cui ci rimane testimonianza scritta (la traduzione della Bibbia del vescovo Wulfila). Di questi ultimi due non rimangono testimonianze scritte. Le lingue germaniche e i dialetti che vengono parlati oggi derivano tutti o dal ramo settentrionale o da quello occidentale.

Facendo un’ipersemplificazione, le lingue germaniche occidentali si sono divise in più ramificazioni ed è qui che collochiamo inglese, tedesco, olandese, afrikaans e yiddish.

Danese, norvegese, svedese, faroese e islandese sono tutte lingue derivanti dal germanico settentrionale.

Ma c’è di più.

Infatti il germanico settentrionale si divide, a sua volta, in orientale e occidentale. Nel ramo orientale abbiamo svedese, danese e gutnico, mentre nel ramo occidentale abbiamo islandese, norvegese e faroese.

I dialetti occidentali però derivano tutti dal norvegese medievale grazie ai *rullo di tamburi* i VICHINGHI! Non quelli della serie TV, ma i quelli che in realtà non indossavano gli elmi con le corna. Diciamo che i vichinghi non se ne andavano in giro solo a saccheggiare villaggi e compiere razzie, ma hanno aiutato nell’esportazione della loro lingua. Questo “export” è di due tipi:

  • – Da un lato abbiamo la colonizzazione di territori inabitati come le isole Faroe, l’Islanda e la Groenlandia.
  • – Dall’altro lato possiamo dire che i vichinghi si sono integrati con il substrato preesistente. Anche linguisticamente. Un esempio è dato dall’assimilazione con il sostrato celtico nelle isole britanniche.

Quindi la lingua parlata dai vichinghi ha raggiunto l’Islanda e le isole Faroe ed è rimasta più pura rispetto al norvegese, svedese e danese. Questo si nota in particolare dall’uso, ancora oggi, di due lettere derivanti dalle rune – Þ/þ e Ð/ð. Questo è dovuto alla lontananza geografica di questi posti che li ha mantenuti più lontani da altre influenze linguistiche, cosa che invece non è accaduta troppo per il norvegese, il quale invece si è avvicinato al “ramo orientale” (di cui fanno parte svedese e danese) a causa della dominazione danese (come vedremo tra pochissimo).

E il Groenlandese?

Eh già, i nostri simpatici vichinghi arrivarono anche in Groenlandia e addirittura in Nord America secondo alcune descrizioni geografiche contenute in alcune saghe. I nostri amici esportarono ancora una volta la loro lingue ed è così che si ipotizza l’esistenza del norreno groenlandese, di cui ci rimangono esigue iscrizioni runiche. E la storia finisce così, desolata come la Groenlandia ai tempi di Erik il rosso. L’attuale groenlandese non è una lingua nordica, ma appartiene al ceppo eschimo-aleutino, non imparentano con le lingue germaniche nemmeno per sbaglio.

Ma invece il finlandese?

Il finlandese in tutto ciò non c’è perché non è una lingua nordica, nonostante la Finlandia sia vicina alla Scandinavia culturalmente e geograficamente. Purtroppo se si definisce il finlandese una lingua scandinava o nordica, rischiamo di far piangere gli appassionati di linguistica storica. E di farli nascondere in un angolino. Cosa che mi accade spesso…

Linguisticamente parlando, il finlandese è una lingua unica. Appartiene al ceppo ugrofinnico, tra cui vediamo ungherese ed estone, ma se mettiamo a confronto queste tre lingue, ci renderemo conto che non hanno niente in comune. Soprattutto con l’ungherese.

Devo ammettere che ho provato a imparare il finlandese diverse volte, ma purtroppo non ho mai continuato. Il finlandese è una di quelle lingue che ti traumatizzano già per il solo fatto di essere lingue agglutinanti. Come se non bastasse, il finlandese declina TUTTO (nomi, aggettivi, verbi etc) in base a 15 casi. QUINDICI. Quindi no grazie, meglio evitare traumi non necessari.

Quanti norvegesi esistono?

Il norvegese è una lingua meravigliosa, si sa, ma la Norvegia è stata sotto l’influenza sia della Danimarca che della Svezia per diversi secoli (anche se l’influenza della Danimarca è stata decisamente più forte rispetto a quella della Svezia): il norvegese è probabilmente tra le lingue nordiche più interessanti e si merita un articolo tutto suo, anche perché c’è molto da spiegare a riguardo. Qui mi limiterò a dire che esistono due forme ufficiali scritte del norvegese: il bokmål (letteralmente lingua del libro) and nynorsk (lett. neo-norvegese).

Il modo migliore per imparare una lingua è viaggiare nel paese dove la si parla. Quindi perché non trarre ispirazione da alcuni degli articoli sulla Norvegia, ad esempio?

Non dimenticatevi di condividere questo articolo sulla (brevissima) storia delle lingue scandinave se vi è piaciuto! 🙂

30+ Libri per innamorarsi della Scandinavia

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Purtroppo, come ben sappiamo, non ci è concesso viaggiare al momento. Ci è stato raccomandato di stare a casa il più possibile e personalmente sono già due mesi che sto a casa a Roma. Fare la spesa è l’unico evento significativo al momento, ma cerco di rimanere positiva e impegnare la mente durante questa quarantena. Già il fatto di avere un posto dove stare e cose da fare, mi fa sentire fortunata.

Adesso ho più tempo a disposizione per leggere e ho pensato che fosse arrivato il momento di scrivere un articolo per scoprire (e innamorarsi) della letteratura e dello stile di vita della Scandinavia. Quindi ho deciso di stilare una lista divisa in categorie ben precise, così da avere qualche spunto sui libri da leggere in quarantena. Ho diviso il tutto in tre grandi categorie: letteratura contemporanea, classici della letteratura e libri sullo stile di vita in generale. Visto che sono una maniaca delle liste, ho diviso poi ciascuna categoria in base al paese e alla fine dell’articolo ho inserito una lista bonus su alcuni autori provenienti da Islanda, Finlandia e isole Faroe. Pronti per scegliere i libri per innamorarsi della Scandinavia? Buona lettura!

Letteratura contemporanea

Svezia
  • Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, Jonas Jonasson (2009). Diciamo che è un bel mattone, ma vi assicuro che scorre così bene da poterlo finire anche in meno di una settimana. Già dal titolo si può intuire che la storia è davvero inusuale, ma non ho mai riso così tanto leggendo un libro. La storia parla di Allan, un simpatico vecchietto che scappa dalla casa di riposo appena prima di celebrare il suo centenario. Ed è da quando salta giù dalla finestra che inizia un’altra delle avventure strampalate di Allan. La narrazione si sviluppa su più piani e non vi annoierete sicuramente, fidatevi.
  • L’Analfabeta che sapeva contare, Jonas Jonasson (2013). A questo punto penso abbiate capito due cose: la prima è che Jonas Jonasson è uno dei miei autori preferiti; la seconda è che i suoi titoli sono tanto strani quanto le storie che racconta. Se vi piacciono le storie folli di Jonasson, allora non potete perdervi il suo terzo libro L’assassino, il prete, il portiere (2015).
  • Un’altra vita, Per Olov Enquist (2008). Purtroppo il caro Per Olov Enquist è deceduto di recente e la notizia l’ho appresa proprio mentre stavo scrivendo questo articolo. Quindi mi è sembrato di dovere includere la sua autobiografia in questa lista. Nonostante Un’altra vita sia un’autobiografia, la narrazione è in terza persona (quasi a richiamare Il figlio della serva di Strindberg), come se volesse narrare un’altra vita e non la propria. Tutto inizia nel Nord della Svezia nel 1934 e attraverso la storia di Enquist, vediamo anche la storia dell’Europa del ventesimo secolo in una chiave molto intima.
  • Lasciami Entrare, John Ajvide Lindqvist (2004). Se vi piace il genere horror, allora Lasciami entrare (in svedese Låt den rätte komma in) è quello che fa per voi. La storia è ambientata nella Stoccolma degli anni ’80. Lindqvist è spesso definito lo Stephen King svedese e Lasciami entrare ha avuto un successo tale da essere adattato in due versioni cinematografiche, adattamenti teatrali e persino un fumetto. L’adattamento cinematografico migliore è decisamente quello svedese di Tomas Alfredson (2008). Chiaramente Hollywood non voleva non perdere l’occasione di fare un remake americano (Blood Story, 2010) rovinando sia la particolarità del romanzo che la bellezza del primo film. Nonostante il responso positivo della critica, purtroppo per me è raro apprezzare adattamenti da romanzi che si discostano troppo dal romanzo. Chiaramente questa è solo la mia opinione.
  • Strega d’Aprile, Majgull Axelsson (1997). Ho avuto l’onore di incontrare l’autrice nel 2018 a Roma, in occasione della presentazione del suo romanzo più recente Io non mi chiamo Miriam (edito Iperborea). Tuttavia preferisco consigliarvi il romanzo che le ha messo in tasca il prestigioso August Prize, Strega d’Aprile. Il romanzo mi ha lasciata piacevolmente sorpresa e nonostante il titolo, non si tratta assolutamente di una storia horror sulle streghe. La strega d’aprile è Desiree (giuro che non è uno spoiler), nata con paralisi cerebrale e costretta a letto da violenti episodi epilettici, motivo per cui non può parlare, camminare, né fare cose basilari. Però grazie al suo potere di strega d’aprile, può viaggiare con la mente per scoprire la verità sulla madre e capire come sarebbe stata la sua vita se non fosse stata abbandonata a causa della sua condizione.
Norvegia
  • Le Figlie di Egalia, Gerd Brantenberg (1977). Come sarebbe il mondo se i ruoli di genere fossero invertiti? Se le donne avessero pieni poteri? Se gli uomini fossero costretti a un ruolo inferiore e prendersi cura della casa e dei figli? È questo quello che leggerete nel romanzo femminista Le Figlie di Egalia di Gerd Brantenberg. Uno degli aspetti più interessanti del romanzo è la questione della lingua, secondo me. Il linguaggio riflette il mondo in cui viviamo e il mondo di Egalia è un mondo alla rovescia, per cui viene a galla un forte elemento sessista nella lingua. Purtroppo il romanzo è quasi impossibile da trovare in italiano, credo ne esista solo un’edizione. Se parlicchiate inglese, la ricerca dovrebbe essere più facile.
  • La ragazza del Lago, Karin Fossum (1996). Se volete avvicinarvi ai gialli norvegesi, perché non iniziare dalla cara Karin Fossum? Certo, ci sono scrittori anche più famosi (*coff coff* Jo Nesbø *coff coff*), ma lei è stata uno dei miei primi amori della letteratura poliziesca. Tra l’altro esiste anche un adattamento italiano del film, diretto da Andrea Molaioli (hey, è anche il regista della serie Suburra!), che ha ottenuto ben 10 David di Donatello.
  • La morte del padre, Karl Ove Knausgård (2009). Si tratta del primo romanzo di una lunga autobiografia. Knausgård si potrebbe definire come un autore controverso dal momento che gli episodi di cui narra sono stati spesso criticati. Ma lui se ne frega e descrive nei minimi dettagli (e vi giuro che non è un eufemismo) tutto ciò che succede nella sua vita, inclusi momenti imbarazzanti o intimi che una persona normale terrebbe per sé. Perché credo che possa piacervi? È impossibile sollevare lo sguardo da quelle pagine.
Danimarca
  • Testa di Cane, Morten Ramsland (2005). Come la book blogger Francesca ha scritto nel suo meraviglioso blog, Testa di cane si può definire come una “saga nordica non canonica”. La storia è quella della famiglia Eriksson e in un paio di giorni vi sarete fatti qualche risata con questa storia strana e a tratti tragicomica.
  • Il senso di Smilla per la neve, Peter Høeg (1992). Un altro esempio di noir scandinavo che amerete sicuramente. Smilla vive a Copenhagen ma è di origini groenlandesi, grazie alle sue origini è in grado di riconoscere diverse tipologie di neve. Non mi dilungo troppo altrimenti rischio di spoilerare qualcosa, ma vale davvero la pena soffermarsi a riflettere su questo romanzo.
  • L’uomo che voleva essere colpevole, Henrik Stangerup (1973). Cercherò di riassumere così: quello che Stangerup propone, è uno sviluppo moderno in chiave distopica del concetto di colpa kierkegaardiano, affiancato da una critica (a tratti evidente, a tratti più velata) dello stato sociale scandinavo di quegli anni. Tra l’altro è uno dei romanzi che ho inserito nella mia tesi magistrale, per cui questo dovrebbe spingervi a fidarvi dei miei consigli, eheh.

I grandi classici della letteratura scandinava

Norvegia
  • Hedda Gabler, Henrik Ibsen (1890). Probabilmente una delle opere teatrali più conosciuti del caro vecchio Ibsen (ed è anche una delle mie preferite in assoluto). La protagonista, Hedda Gabler, appare come una donna forte e indipendente. Questo suo carattere non rispecchia lo stereotipo della donna di fine ottocento (un tratto comune anche a Casa di bambola. Si trova facilmente online e si legge in poche ore.
  • Casa di Bambola, Henrik Ibsen (1879). Naturalmente non poteva mancare l’opera considerata una delle colonne portanti del teatro e della letteratura moderna. Ibsen attacca il concetto borghese di famiglia che vede le donne come meri oggetti di proprietà dei mariti. Questo fa di Ibsen un vero e proprio femminista? Personalmente andrei un attimo cauta con le etichette. Se un autore scrive del ruolo delle donne in società, non significa automaticamente che l’autore in questione sia femminista. Innegabile però il contributo di Ibsen in questo senso. Voi che ne pensate?
Danimarca
  • La Casa Bianca, Herman Bang (1898). La storia è ambientata sull’isola di Als, a sud della Danimarca, che ha dato i natali all’autore. Anche se non sembra da una prima lettura, si tratta di un’opera autobiografica. L’autore un anno imprecisato della propria infanzia ed in particolare la madre Stella. La prima volta che lessi La Casa Bianca nel lontano 2013, ho subito pensato a La Passeggiata di Monet, ma non so il motivo di questa associazione. Da un lato si può dire che Bang introduce il naturalismo letterario in Danimarca, a tratti decadente. Sia ne La Casa Bianca che ne La Casa Grigia (1901), Bang non descrive né commenta i personaggi, ma li dipinge come se fossero attori indipendenti sulla scena.
  • La Fiaba della mia Vita, Hans Christian Andersen (1855). Anche se conosciamo Andersen per le sue fiabe (La Sirenetta, il Brutto Anatroccolo, la Piccola Fiammiferaia…), credo che la sua autobiografia meriti altrettanta attenzione. Oltre a conoscere episodi di vita quotidiana di Hans, vediamo anche la vita dell’artista romantico che viaggia e crea. Già dal titolo dell’autobiografia (dan. mit livs eventyr, dove eventyr può significare sia avventura ma anche fiaba), capiamo che il caro Hans la percepisce come una delle sue fiabe, in questo caso Il Brutto Anatroccolo (ed è ovvio che le fiabe spesso sono autobiografiche): vediamo l’estrema povertà che Andersen vive durante l’infanzia e le difficoltà nell’affermarsi come artista (cantante fallito, attore fallito e infine scrittore spesso perculato, ma alla fine arriva il lieto fine, più o meno).
  • Sette Storie Gotiche, Karen Blixen (1934). Devo ammettere che ho sempre nutrito una certa antipatia per la Blixen, ma ciò non significa che non la si possa riconoscere come una delle donne più influenti della letteratura danese, anche se all’inizio pubblica le sue opere con uno pseudonimo maschile. Sette Storie Gotiche è una raccolta di… storie gotiche, oserei dire ispirate a Il Giro di Vite di Henry James. La storia gotica che vi consiglio di più? La cena ad Elsinore.
Svezia
  • Kallocaina, Karin Boye (1940). Probabilmente tra i miei preferiti in assoluto, Kallocaina mi ha fatta innamorare della letteratura distopica. Solo nei primi mesi del 2020, l’avrò già letto due volte e non è un caso che l’idea della mia tesi sia partita proprio da Kallocaina. Il protagonista è Leo Kall, un chimico, il quale inventa il siero della verità chiamato kallocaina. Per lo Stato totalitario questo siero diventa un fondamentale strumento di controllo, poiché una volta iniettato non esistono più barriere del conscio, quindi ciò che è inconscio viene subito a galla. Non vado oltre altrimenti rischio di spoilerare.
  • La Signorina Julie, August Strindberg (1889). Strindberg è uno degli autori più influenti di sempre, anche se si tratta di una personalità piuttosto controversa. Ignorando il disprezzo profondo per la sua persona, non posso far altro che consigliarvi La Signorina Julie, se volete andarci piano con Strindberg.

Lifestyle

Alcuni di questi autori non sono scandinavi ma spesso scrivono delle loro esperienze a contatto con la cultura del Nord Europa. Ci offrono una versione ironica, anche se a tratti troppo stereotipata e generalizzante, dello stile di vita scandinavo. Fatta questa premessa, ecco quali vi consiglio:

Svezia
  • Lagom: la ricetta svedese per vivere con meno ed essere felici, Lola A. Åkerström (2017). Dovrei scrivere un intero articolo sul concetto di lagom e cercare di spiegare cos’è, ma in parole poverissime, vi dico che potremmo riassumerlo come “la giusta quantità”. Åkerström ce lo spiega bene in Lagom e ci mostra come questo concetto sia applicabile in molti aspetti della nostra vita: dalle finanze alla vita sociale, dal design alla moda, fino ad arrivare al benessere psicologico.
Danimarca
  • Hygge: la via danese alla felicità, Meik Wiking (2017). Se la Åkerström crede che lagom sia la ricetta svedese per essere felici, Wiking ci spiega come l’hygge sia l’interpretazione danese per raggiungere la felicità. Quante parole strane, direte voi. Come lagom, anche il concetto di hygge risulta difficile da tradurre, ma cercherò di essere concisa. Hygge è una sensazione di benessere e tepore. Avete presente quando in inverno bevete una cioccolata calda davanti al camino? Oppure quando chiacchierate per ore e ore con un amico? Ecco, hygge è più o meno quello. Per capire bene di cosa si tratta, non vi resta che leggere questo libro.

Ero all’aeroporto di Oslo, stavo aspettando l’aereo per Tromsø e mi annoiavo parecchio. Vedo due libretti minuscoli che catturano la mia attenzione e li compro per passare il tempo. Si tratta di volumi che fanno parte di una collana chiamata guide xenofobe. Il loro scopo? Curare la xenofobia. Queste guide sono state edite in Italia quasi una trentina di anni fa (ommioddiomisentovecchia). In italiano è stata tradotta solo quella sugli svedesi, mentre quella sui norvegesi credo sia disponibile solo in inglese. Le ho lette molto velocemente e le definirei la sagra dello stereotipo. Certo, gli stereotipi fanno ridere e personalmente mi piacciono pure, ma l’importante è essere consapevoli che si tratta di esagerazioni e generalizzazioni piuttosto che vere e proprie verità. Quindi se volete leggere qualcosa di simpatico e leggero, acquistatele pure, ma sappiate che non rispecchiano al 100% la realtà dei fatti.

Bonus dalla Finlandia, Islanda e isole Faroe:

  • L’anno della lepre, Arto Paasilinna (1975) – Finlandia.
  • La Memoria dell’Acqua, Emmi Itäranta (2012) – Finlandia. Sì, lo so, un’altra distopia, ma è più forte di me.
  • Il Mugnaio Urlante, Arto Paasilinna (1981) – Finlandia.
  • Sotto il ghiacciaio, Halldór Laxness (1968) – Islanda.
  • La serie sul Detective Erlendur, di Arnaldur Indriðason (1997–) – Islanda.

E adesso veniamo al tasto più dolente. Purtroppo la letteratura faroese essendo poco conosciuta, è anche poco tradotta in sia in inglese che in italiano. Tende ad essere tradotta, al massimo, nelle lingue più vicine (islandese) oppure quelle considerate superiori a livello politico come il danese (ahia, spero che nessun faroese legga questo). Queste sono le uniche opere che ho trovato tradotte in inglese:

  • Afternoon, Carl Jóhan Jensen (1979).
  • Sólrún Michelsen:
    – 2011 “Some people run in shorts” (translation of the short story “Summi renna í stuttum brókum”), published in Vencil Anthology of Contemporary Faroese Literature.
    – 2017 “Some people run in shorts” in Anthology for contemporary Nordic Literature:THE DARK BLUE WINTER OVERCOAT.
    – 2017 “Some people run in shorts” in Boundless Literary Magazine on-line.

Tuttavia, la casa editrice Iperborea ha recentemente pubblicato una raccolta dedicata alle fiabe, appunto Fiabe Faroesi (traduzione di Luca Taglianetti).

Altri consigli:

  • Se siete fan accaniti del noir scandinavo, allora la serie di Camilla Läckberg ambientata a Fjällbacka (Svezia) farà al caso vostro. I personaggi principali sono Patrik Hedström ed Erica Falck. Camilla Läckberg probabilmente è una delle scrittrici più apprezzate e note al di fuori della Svezia.
  • Amatka, Karin Tidbeck (2012) – [Svezia]. Questo romanzo è di un genere strano, a metà tra fantascienza e distopia. Non è nemmeno una coincidenza che l’autrice stessa si definisca “creatrice di storie strane”. Amatka è il nome di una delle cinque colonie fondate dopo un disastro imprecisato (forse nucleare?). La protagonista, Vanja, si trasferisce proprio in una di queste colonie. La cosa strana è che gli oggetti spariscono se gli abitanti non pronunciano i nomi degli oggetti con una certa frequenza o se non li etichettano ogni tot. Rispetto alle distopie tradizionali, l’impronta politica è quasi completamente assente, ma viene data un’importanza maggiore al ruolo del linguaggio.
  • Consiglio tutto ciò che potete trovare dell’autore di gialli danese Jussi Adler-Olsen. Non esagero se lo considero lo Stephen King danese dopo aver letto La donna in gabbia. Vi lascerà davvero senza parole.

Spero che questo articolo sui libri che vi faranno innamorare della Scandinavia vi sia piaciuto. Fatemi sapere da quale vi piacerebbe iniziare e quale vi farà dire “ok devo andare in Scandinavia” prima o poi. Non dimenticate di condividerlo con i vostri amici! 🙂 Hejdå!

La cultura del caffè: Italia vs. Svezia

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Dopo aver passato quasi un anno in Svezia, ho deciso di scrivere questo articolo sulla cultura del caffè, paragonando i due paesi da questo punto di vista.

Da aspirante traduttrice, spesso mi faccio domande su come tradurre alcuni concetti. Ed è qui che entra in gioco la bevanda più amata dagli italiani. Sembrerà quasi banale, ma il caffè ci dice molto sulle abitudini di un popolo e anche sul concetto stesso di tempo.

la cultura del caffè in Svezia

Dove beviamo il caffè?

La cultura del caffè in Italia è molto forte, non a caso i bar aprono prestissimo al mattino. È più raro, almeno oggi, il concetto di caffetteria. Per bar intendiamo un concetto completamente diverso rispetto allo svedese bar o barlokal. In Svezia, un barlokal indica ciò che noi intendiamo per pub o comunque un locale dove ci si reca di sera per bere alcolici. In Svezia per bere il caffè ci si reca nei cosiddetti kafé, che somigliano concettualmente più agli Starbucks, per intenderci.

Data questa premessa, possiamo osservare due comportamenti diversi tra gli amanti del caffè in Italia e in Svezia. L’italiano va al bar, paga alla cassa, ordina al bancone, beve un bicchiere d’acqua prima di bere l’espresso (questa pratica sembra essere più diffusa nelle regioni del Centro-Sud). Il tutto accade in piedi, nel giro di massimo 5 minuti. Quindi se chiedi a un italiano “ti va un caffè?”, questo è lo scenario tipico che ci si aspetta normalmente.

Se invece la stessa domanda viene rivolta a uno svedese, la situazione è leggermente diversa. Prima di tutto ci si dà appuntamento per X giorno a tot ora. Poi si va, spesso e volentieri, da Espresso House (l’equivalente scandinavo di Starbucks, anche se quest’ultimo è una catena indipendente in Scandinavia). Appena si entra, si ordina un caffè al bancone, ti viene preparato un caffè lungo (quello che noi italiani comunemente chiamiamo caffè americano o, come dice mio padre, acqua sporca ndr). Si paga, ci si siede al tavolo e si chiacchiera per una mezz’oretta o più, anche dopo aver finito il beverone, ehm, il caffè. Gli svedesi di solito ordinano anche qualcosa da mangiare per accompagnare il caffè, generalmente un dolce come i kanelbullar o i kardemummabullar (delle girelle alla cannella o al cardamomo).

la cultura del caffè in Italia

Qualcuno ha detto FIKA?

Avete letto bene ma non è quel che credete. Gli svedesi non prendono il caffè, gli svedesi fanno una fika. La parola fika non è altro che l’inversione delle sillabe di un termine in slang, ossia kaffi (caffè nel XIX secolo). Non è raro per gli svedesi fare una fikapaus (pausa fika) alle 10:00 o alle 15:00 e ne sono talmente ossessionati da aver meritato il sesto posto nella classifica di chi consuma più caffè, appena dopo Finlandia, Norvegia, Islanda, Danimarca e Paesi Bassi.

Secondo voi la cultura del caffè ci dice molto sullo stile di vita delle varie popolazioni?

Se vi è piaciuto l’articolo condividetelo o salvatelo 🙂